Gli studi moderni affermano che la fase urbana dell’antica Velitrae risale alla fine del VII secolo a.C., o all’inizio del successivo. I materiali ceramici che attestano questa datazione sono stati rinvenuti nell’area del cosiddetto tempio delle Stimmate (n. 14 in bacheca), all’estremità sud-occidentale del colle dove è situata l’arx della città antica. L’area era frequentata sin dalla II fase del ferro laziale (IX sec. a.C.), e forse su questo sperone del colle sorgevano delle abitazioni.

Tuttavia, probabilmente nel VII sec. a.C., la zona fu destinata a luogo di culto, come sembra dimostrare il ritrovamento di materiali votivi. Il territorio di Velletri ha restituito numerose testimonianze archeologiche relative alla presenza umana fin da tempi molto antichi. Fu abitato durante il periodo preistorico dall’homo sapiens neandertalensis: le testimonianze della presenza umana risalgono al Paleolitico medio (60.000-50.000 anni fa) e sono costituite da manufatti litici su selce e ciottolo, rinvenuti sia sulla collina dove oggi sorge la città sia in siti dell’area meridionale del territorio recentemente individuati (contrada Castel Ginnetti e località Capanna Murata).

Resti della presenza umana relativa alle ultime fasi della preistoria costituiscono, inoltre, un’importante testimonianza in alcuni siti del territorio veliterno (contrade La Parata, Le Corti e Lazzaria). Velletri, come tutte le località del Latium Vetus (zona tra il Tevere, i Colli Albani e il litorale fino al Circeo) fu abitata da popolazioni latine che, nel VII secolo a.C. (fine età del bronzo-inizio età del ferro) costruirono piccoli villaggi di capanne destinati a ingrandirsi con il tempo e a divenire città. Non si può perciò parlare di “fondazione”. I ritrovamenti archeologici di quel periodo sono pochi ma di grande importanza come la tomba a tholos di Vigna d’Andrea con la tipica urna a capanna e il corredo funebre miniaturizzato, scoperta nel 1891 nei pressi della Cantina Sperimentale e conservata nel museo Pigorini di Roma. L’urna, posta in un pozzetto di altezza e diametro 1 m composto da blocchetti di selce spessi circa 20 cm, rappresenta il limite meridionale delle tombe a capanna, quindi il limite raggiunto dai popoli crematori del XI e VIII secolo a.C.

Tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C. il villaggio, da cui si controllava tutta la pianura pontina, diventò dominio (più commerciale che politico) degli Etruschi, quando essi, prima della crescita di Roma, estesero la loro influenza verso il sud fino a Cuma, in Campania. Gli Etruschi erano soprattutto commercianti e furono i primi ad avere contatti con i Greci (micenei) che scambiavano i loro prodotti lungo le coste italiane. A quel periodo risale la costruzione del tempio con le terracotte con scene di banchetti, processioni e corse di carri dipinte a rilievo.